#IoVotoNO

Il 20 e il 21 settembre saremo chiamati a votare per il referendum sul taglio dei parlamentari. 

Su tale questione Volt si è posizionato fin dalle prime fasi in modo chiaro a favore del NO. 

Le ragioni per votare NO a questo referendum sono numerose ma complesse, perché rientrano nell’ambito del processo di funzionamento del nostro Stato.

Per questo motivo, per spiegare perché votare NO, abbiamo deciso di sviscerarle, ordinarle ed esporle nel modo più fruibile possibile.

  1. Innanzitutto c'è la questione del risparmio economico, sbandierato ossessivamente da media e partiti pro-taglio, che dovrebbe aggirarsi, a loro dire, attorno ai 100 milioni di euro l’anno. Ciononostante, istituti di analisi rinomati per la loro affidabilità parlano di un risparmio massimo tra i 50 e 57 milioni, evidenziando così un modo fallace di comunicare i benefici, con uno schieramento - quello del SI - che, rendendosi conto di come il risparmio sia contenuto, cerchi di gonfiarlo un po’ per ottenere una cifra molto più efficace a livello di marketing. Non solo, siamo ancor più allibiti da come  siano state esposte queste cifre in valore assoluto senza contestualizzarle, ossia rapportarle alla spesa pubblica: sebbene 100 milioni possano sembrare una cifra notevole, sono praticamente nulla di fronte ad una spesa di 775 miliardi annui (senza contare gli interessi sul debito pubblico, nonostante questi siano un’ingente voce di spesaper le nostre casse).

    Facendo un paio di conti, quindi, risulta un risparmio di circa lo 0,013% della spesa pubblica grazie a questo taglio, che scenderebbe  allo 0,0076% della spesa pubblica se volessimo usare come dato il risparmio di 57 milioni e ancora allo 0,0067% se scendessimo al risparmio di 50 milioni.

    Insomma si tratta di risparmi veramente irrisori, per la situazione in cui si trova il nostro paese bisognerebbe andare a tagliare dei 7% di spesa pubblica, come propose a suo tempo Fare per Fermare il Declino. Sono altre le modalità più efficaci per ridurre la spesa nel breve e lungo periodo. È noto come la nostra Pubblica Amministrazione sia estremamente inefficiente e di come sia necessario ridurre in modo deciso moltissimi sprechi, idem per tutto il settore pubblico e ciò che ruota attorno ad esso. Per arrivare ad un 7% di risparmi ci vorrebbero 538 taglietti come quello proposto da questo referendum impiegando ovviamente dei tempi assolutamente biblici, infattibili, che non possiamo permetterci nella situazione in cui versa il paese, a maggior ragione se questi tagli vengono fatti nei modi sbagliati, ma lo vedremo nei prossimi punti (ah, ovviamente 538 taglietti come questo se contiamo un risparmio di 100mln, mentre con 57mln scendiamo a 921 taglietti e con 50 mln arriviamo a 1'076 taglietti, insomma facciamo in tempo a fare 4 default).

  2. Sono altre le spese del nostro Paese che dovremmo affrontare. A titolo esemplificativo, spendiamo circa  412milioni l’anno per tenere a galla Alitalia (ben più di 4 volte il risparmio del taglio in caso di SI al referendum, usando i dati più ottimistici) …e questo senza contare i salvataggi che periodicamente sono stati fatti dove le risorse investite si assestano sui miliardi.

    Ma magari fosse solo questo. I danni inflitti all’Italia dalla corruzione si aggirano attorno ai 230 miliardi di euro annuali, più del doppio di molti paesi europei (in proporzione). Qualora lo Stato investisse le proprie energie in una lotta seria a questo problema, risparmieremmo 1.000 volte in più rispetto a quanto potremmo guadagnare con questo taglio, che come sola conseguenza avrà di mandare a casa gli ultimi della lista per ogni partito, senza cambiare il nocciolo delle formazioni politiche.

    Ultimi dati sulla questione pecuniaria, in Italia si spendono circa 63 miliardi l’anno per importare energia o fonti di energia, quando investendo su mezzi di produzione innovativi e più puliti potremmo produrre tutto sul nostro suolo ed anzi, esportare energia, favorendo la conversione all’elettrico, che farebbe bene alla nostra salute, ai nostri conti e all’ambiente, se vogliamo lasciare un pianeta abitabile ai nostri figli.

  3. Altro aspetto preoccupante della riforma è la riduzione della rappresentanza del popolo Italiano all’interno del Parlamento, popolo che già oggi accusa uno scollamento tra i territori e chi dovrebbe rappresentarli nelle sedi istituzionali. Qualora vincesse il SI al referendum, passeremmo da avere un deputato ogni 96.006 abitanti ad uno ogni 151.424 e da un 1 senatore ogni 188.424 abitanti ad uno ogni 302.402.

    Ne consegue che ogni cittadino si troverebbe ad avere il proprio voto estremamente diluito (...e pure qui siamo stati generosi con le proporzioni, contando abitanti e non i soli aventi diritti di voto che in Italia si aggirano sui soli 51 mln), controbilanciato dal guadagno di un caffè all’anno, che non costituisce una ragione sufficiente per depotenziare il voto in cabina elettorale. La situazione sarà drammatica per le circoscrizioni meno abitate, dove la proporzione eletti/elettori consentirà a pochissimi individui di entrare in Parlamento, ponendo una soglia implicita per entrare nelle istituzioni superiore alle attuali soglie di sbarramento e riducendo così ulteriormente le possibilità per i nuovi partiti di “minacciare” quelli già in parlamento. La domanda qui sorge ovvia, “avete paura di essere scalzati da nuove forze intenzionate a comunicare con dati, fatti, logica e proposte concrete?”

    Tornando a noi, col taglio alcune regioni sarebbero più rappresentate di altre, affermando implicitamente l’esistenza di territori di serie A o di serie B e il fatto che le forze a sostegno del taglio non siano nemmeno state in grado (o non abbiano voluto?) di correggere l’attuale (già presente) stortura di rappresentanza di alcuni territori.

  4. Diversi media e partiti pro-taglio affermano che l'Italia sia il paese con più parlamentari nell'Unione Europea e che dopo il taglio passeremmo dal primo al quinto posto della classifica, andando ad allinearci in modo più vicino alla media europea. Gli slogan, però, sono sempre fallaci. Non ha senso paragonare i numeri assoluti dei parlamentari fra Stati come l’Austria (con meno di 9 milioni di abitanti) e l’Italia (con più di 60 milioni): il nostro è pur sempre uno tra i quattro Paesi più popolosi dell’Unione Europea.

    Infatti facendo il rapporto popolazione-parlamentari eletti scivoliamo al quintultimo posto a livello europeo e se dovesse passare il taglio crolleremmo all'ultimo. Capirete bene che la vista cambia. 

    Inoltre, è necessario considerare altre variabili (che non ci aiuterebbero a risalire questa classifica) dovute alle diverse forme di governo dei singoli Paesi: Repubblica Presidenziale, Repubblica federale, Repubblica Parlamentare bicamerale, Monarchia parlamentare monocamerale, ecc.Dunque l’Italia ha un sistema bicamerale perfetto, un assetto istituzionale discretamente peculiare se pensiamo che al mondo lo condividiamo solo con Svizzera e Stati Uniti. La maggioranza delle democrazie bicamerali presentano sistemi “imperfetti”, cioè con competenze differenti tra le due Camere e molto spesso la camera alta ha anche una composizione più contenuta, per questo se vogliamo fare un paragone numerico in proporzione all’elettorato, ha senso farlo tra le Camere Basse dei vari Paesi.

    Già adesso, con 1 deputato ogni 96.006 abitanti, siamo il 24esimo Paese europeo nella graduatoria delle Camere Basse. Con il taglio voluto dalla riforma costituzionale passeremmo ad 1 ogni 151.424 abitanti, diventando di colpo il fanalino di coda tra i Paesi europei, quindi votare Sì al referendum sarebbe la strada giusta per divenire gli ultimi anche in questo aspetto’

  5. Fra i diversi problemi che si presenterebbero con un eventuale taglio dei parlamentari ne abbiamo un altro particolarmente evidente, ossia il rischio di clientelismo che già, con lo stato attuale delle cose, mette in difficoltà la meritocrazia nelle nostre istituzioni e che con l'approvazione del taglio crescerebbe. 

    Secondo l'ordinamento attuale, in vista delle elezioni nazionali i partiti politici presentano delle liste bloccate, cioè una graduatoria di candidati che verranno eletti a partire dal primo a seconda di quanti seggi un partito riesce ad ottenere. 

    Questo sistema impedisce che un candidato venga eletto grazie a un sistema di preferenze che gli elettori possono esprimere liberamente in cabina elettorale, disincentivando così alcuni politici dal ricercare il favore dei votanti grazie ad un buon operato e spingendo piuttosto un sistema di amicizie o clientelismi nei vertici dei partiti, che verrebbe esasperato nel momento stesso in cui le sedie fossero drasticamente tagliate: riducendosi i posti disponibili, si scatenerebbe la corsa verso la benevolenza dei vertici di partito.

    Servono dunque riforme diverse per correggere le storture presenti in Parlamento e questo referendum rischia di peggiorare questi problemi invece di risolverli. Nel corso della nostra storia repubblicana ci sono stati fin troppi episodi della cosiddetta “compravendita dei parlamentari”, fenomeno che ha anche portato alla caduta di alcuni esecutivi. Se dovesse passare il SI al referendum faciliteremmo queste situazioni, in quanto basterebbero molti meno parlamentari da convincere per far pendere l'ago della bilancia verso una parte piuttosto che l'altra. 

    Aggiungendo il problema appena analizzato sulla questione dei clientelismi favoriti dal sistema delle liste bloccate, che quindi porta al parlamento diverse persone dalla statura morale non troppo elevata ci esporremmo ancor più a queste situazioni. 

    Mentre molti partiti potrebbero ricercare degli yesman il più clientelari possibile alla propria casacca, per cercare di evitare colpi di testa da parte di un numero anche esiguo di parlamentari, che in camere così ristrette potrebbero far saltare più facilmente i governi, ricattarli o ricattare i partiti stessi. 

    Noi saremmo sinceramente stanchi di queste situazioni ridicole (vedesi la caduta dell’ultimo governo Prodi, giusto per citarne una), quindi vorremmo evitare di facilitare una maggiore frequenza di questi episodi.

  6. Una bandiera sventolata a favore del taglio dei parlamentari da parte dei suoi sostenitori riguarda la velocizzazione nell'emanare leggi, che andrebbe a rendere meno ingolfata la macchina legislativa.

    In merito a questa questione ci sono due ragionamenti sbagliati. 

    Il primo riguarda la credenza che la macchina legislativa sia ingolfata per il numero di parlamentari, quando in realtà l'Italia si ritrova in una situazione di iper regolamentazione stratificata e disordinata: siamo fra i paesi che legiferano di più e a differenza della Germania (unico paese a superarci in produzione annua di leggi) non riusciamo ad inquadrare il tutto in uno schema omogeneo che non si contraddica e non lavoriamo né sulla cancellazione di leggi obsolete, né sulla modifica di quelle che andrebbero per lo meno aggiornate con i tempi, piuttosto si preferisce aggiungere altre leggi che spesso si trovano in contraddizione con le prime andando a formare dei problemi giuridici non indifferenti. 

    Per dare un po' di dati:
    - L'Italia è arrivata ad avere 111.000 leggi circa, che salgono a più di 180.000 se consideriamo la normativa regionale. 
    - La Francia ha dalle 7.000 alle 15.000 leggi a seconda di quanto vogliamo essere inclusivi nel conteggiarle.
    - La Germania tocca le 5.500 leggi.
    - Infine il Regno Unito si ferma a 3.000 leggi.

    È forse questa numerosità che rallenta i nostri tribunali e/o genera contraddizioni nelle nostre leggi, che spesso si rivelano obsolete o inadatte a rispondere a tante situazioni del mondo moderno, quando abbiamo ancora dei decreti regi del 1861.

    La seconda ragione per cui il taglio non ha senso per velocizzare la macchina legislativa riguarda il fatto che essa non risulterebbe affatto più veloce dopo il taglio. 

    Infatti il senato si troverebbe con veramente pochi membri, tanto che per una questione numerica alcuni di essi dovrebbero far parte di più commissioni di lavoro parlamentare e non avendo il dono dell'ubiquità, molte riunioni che normalmente si sarebbero svolte in contemporanea finiranno con il dover richiedere giorni in più in modo che i senatori con più incarichi parlamentari possano partecipare prima alle riunioni di una commissione poi dell'altra.

    Quindi votando SI, i partiti di governo non riuscirebbero nemmeno ad ottenere il risultato da loro propagandato. 

    Queste situazioni paradossali dell'ottenere involontariamente l'esatto opposto rispetto all'obiettivo prefissato a volte strappano una risata, sebbene amara.

  7. Altra questione in ballo con il  referendum è la possibilità di ostacolare che nascano e prendano piede nuovi partiti. Infatti in molte regioni per colpa dell’esiguo numero di deputati, ma in modo ancor maggiore di senatori, si verrà a creare una soglia implicita di sbarramento che andrà ad estromettere molti partiti nascenti dalla rappresentanza parlamentare.

    Questo sarebbe un grave indice di deficit democratico, perché in periodi di ricambio politico, partiti all’inizio della loro ascesa potrebbero trovare un durissimo ostacolo da superare, proprio perché la parte più difficile per prendere piede e cercare una scalata al parlamento è farsi conoscere ed entrare inizialmente con numeri piccoli, per poi crescere man a mano.

    Con un po’ di malizia si potrebbe pensare che questo effetto sia ben desiderato da parte dei partiti attualmente in parlamento che così vedrebbero diminuita drasticamente la minaccia di essere sostituiti da nuove formazioni politiche.

    Tuttavia questo è un grave affronto alla democrazia, perché rischia di impedire che nuovi gruppi possano competere con quelli esistenti per portare in parlamento questioni nuove, che stanno a cuore di parti della popolazione non rappresentati allo stato attuale delle cose. Insomma, è il solito potere costituito che si difende.

  8. Come penultimo punto volevamo portare il problema dell’ostacolo al dissenso interno dei partiti e alla correnti interne.

    Infatti riallacciandoci strettamente al discorso fatto nel punto dove si parlava di compravendita di parlamentari, i partiti cercheranno a tutti i costi di inserire degli Yesman nelle loro rappresentanze parlamentari oltre alla ristretta cerchia che gira attorno ai vertici in carica nel momento delle elezioni, invece di cercare persone per competenze e meritocrazia.

    Perciò ci saranno probabilmente delle guerre interne nei partiti per eliminare il dissenso interno, che normalmente può essere giustificato dall’esigenza di portare avanti delle istanze di numerosi cittadini anche a costo di andare contro alle direttive di partito.

    Per questo motivo noi, vediamo ulteriormente a repentaglio la tenuta democratica del paese, perché dobbiamo ricordarci che Democrazia vuol dire governo dei più, ma anche tutela delle minoranze.

  9. È bene far presente l'altra faccia della medaglia rispetto alla possibilità che i partiti cerchino di far eleggere solo yesman per mantenere le percentuali parlamentari a tutti i costi. Infatti si rafforzerà la possibilità che (specialmente al senato che risulterebbe davvero ridotto) in caso di maggioranze risicate alcuni parlamentari possano ottenere moltissimo potere ricattarli o verso il proprio partito o verso il governo stesso.

    Inoltre, in alcune regioni dove si arriverà ad avere veramente pochi eletti, si rischia di cadere in situazioni opposte, cioè di alcuni soliti eletti, grazie alle percentuali proibitive che perciò si troveranno ad avere moltissimo potere ricattatorio, verso i partiti che non oserebbero permettersi di cambiarli a causa di una questione di voti.

    Quindi la riforma, nel caso in cui passasse riuscirebbe a far esprimere al massimo anche questi difetti già presenti nell’attuale parlamento.

    A questo punto diremmo che motivazioni ce ne siano più che a sufficienza, con il drammatico problema che molte di esse sono veramente pesanti, date le attuali percentuali di popolazione che sembra voler votare Sì.

Buon voto a tutte e tutti!